Antonio Santarsiero: "Io, dalla Juve agli USA" - College Life Italia

Antonio Santarsiero: “Io, dalla Juve agli USA”

Nato a Potenza nel ’92, ma cresciuto a Pignola, paesino in provincia del capoluogo della Basilicata, Antonio Santarsiero ne ha fatta di strada. Dopo aver calcisticamente girovagato nella sua infanzia fra squadre nei dintorni di Potenza, a 14 anni è andato a Torino per vivere la grande esperienza di giocare nella Juventus, con la cui maglia gioca per due anni. Tornato poi nel mondo del dilettantismo, decide di compiere un altra grande scelta di vita, volando negli States grazie all’intermediazione di College Life Italia, dopo essersi laureato in economia aziendale in Italia per prendere un MBA a Rome, in Georgia, alla Shorter University, ottenuto nell’agosto del 2017. La vita di Antonio oggi è mutata nuovamente, poiché ha già trovato lavoro a Lisle, Illinois. E, nonostante una vita ricchissima di impegni, non ci pensa nemmeno per sogno ad appendere gli scarpini al chiodo: continua a giocare vestendo i colori dell’International S.C. Nella Metro League di Chicago. Lo abbiamo contattato per scoprire da lui stesso la sua personale esperienza.

Ciao Antonio: nonostante la tua giovane età hai già vissuto numerose esperienze. Com’è stato anzitutto trasferirsi in America?

“È stata una scelta importante, che ha portato, naturalmente, tanti cambiamenti nella mia vita. Alcuni piccoli, come ad
 esempio il caffé, o un pranzo in famiglia la domenica, o i tuoi biscotti preferiti… te li puoi scordare. Ma ci sono anche cambiamenti nel modo di rapportarsi con le persone: un americano, per esempio si relaziona con gli altri in modo molto diverso rispetto a come farebbe un italiano. C’è una tendenza a rompere il ghiaccio subito e questo è bello. Ci sono poi cambiamenti più grandi, dagli effetti a lungo termine. Gli Stati Uniti sono ancora la terra delle opportunità, posso assicurare: qui ogni idea, ogni hobby può essere coltivato e monetizzato. Per esempio, io sono un appassionato di scacchi: ho deciso di dare lezioni in una scuola, mettendo a frutto quello che in Italia sarebbe solo un semplice interesse fine a se stesso”.

Ogni quanto torni a casa? Senti la mancanza della tua terra?

“Ad oggi ritorno ogni Natale, ma in futuro spero di poter venire anche durante l’estate. La mancanza si sente sempre, ma devo dire che c’ero già abituato. Il primo distacco da casa avvenne quando avevo 14 anni, all’epoca in cui andai a Torino per giocare nella Juve. Da allora tornare nel mio paese ha sempre un sapore particolare, più dolce: una visita o due all’anno ti fanno apprezzare di più la terra, il cibo, la famiglia”.

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Ecco, a proposito della Juve, raccontaci: com’è vivere dall’interno il club bianconero?

“La Juventus insegna ai ragazzi ad essere professionisti e professionali, sempre e comunque. Un’esperienza che forma un po’ come potrebbe formare, con le dovute differenze e proporzioni, la leva militare. Alla Juve ti insegnano che se vuoi raggiungere un obiettivo…. ci sono altri venti giocatori come te che vogliono la stessa cosa più di te e che c’è un’intera Italia calcistica che ti guarda sperando in un tuo fallimento, in modo che si liberi così un posto per qualcun altro. Si tratta di una sfida mentale e fisica da affrontare tutti i giorni: senza dubbio l’esperienza più bella e formativa della mia vita”.

Andando in America a studiare hai comunque continuato a coltivare la tua passione per il calcio. Com’è il mondo del pallone negli States?

“La mia personale esperienza calcistica al college non mi è piaciuta tantissimo. Ma come tutte le esperienze ti fa crescere e prendere in mano le redini: se l’allenatore o i tuoi compagni non fanno la loro parte, tocca a te, giocatore europeo, prendere la situazione in mano. Sicuramente nel periodo calcistico del college è maturata in me una leadership che mi è stata molto utile nel mondo del lavoro successivamente. Il ricordo più bello che ho del college sono gli spazi infiniti: strutture che per girarle tutte hai bisogno di un veicolo. Complessi del genere in Italia ce li sogniamo purtroppo.”

Sappiamo che hai avuto un incontro ravvicinato con Bobo Vieri…

“Ci ho messo tre giorni per trovarlo. Il gruppo dei miei amici aveva ormai perso le speranze, io non persi le speranze e lo trovai. Ricordo che vidi la sua maglietta verde fluo a chilometri di distanza. L’unica cosa che ricordo è che iniziai a correre per andarlo a conoscere. In fondo sono interista….”

Come è lui?

“Un simpaticone, che però non accetta di perdere. Un consiglio: se lo incontrate in giro per Miami sperate che abbia vinto la sua partita a footvolley, in modo da trovarlo nel momento migliore! Tra l’altro, da quando ho visto Bobo giocare a footvolley sono diventato ossessionato da questo gioco. Una volta guidai per tre ore per andare a giocare con dei brasiliani mai incontrati prima!”

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Ora Antonio sei immerso nel lavoro: cosa fai nella vita?

“Sono un Market Researcher/Business Analyst per un’azienda di ingegneria civile di medie dimensioni. Io e il mio team cerchiamo di coordinare e migliorare l’organizzazione aziendale. Sono molto contento perché ritengo ci siano tutti i presupposti per crescere all’interno di questa realtà.

Come ha inciso in tutto questo College Life Italia?

“Contattai CLI quasi per caso. Ricordo bene la grande disponibilità dei ragazzi nei miei confronti: senza College Life non so come sarebbe stato possibile intraprendere questo percorso, complicato e pieno di burocrazia. Mi piace molto il progetto dei ragazzi di CLI e la loro visione, poi sono sempre in espansione con nuovi servizi. Probabilmente hanno assunto la tipica imprenditorialità americana che con naturalezza li porta a sfidare a testa alta un mercato che sta diventando competitivo.”

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