Dalla provincia di Treviso al North Carolina insieme alla sua gemella, il viaggio – e la crescita – di Giovanna Coghetto è in continua evoluzione. Next stop: la vittoria del secondo anello e segnare più di 15 gol
Giovanna Coghetto ha iniziato a giocare a calcio a sei anni, insieme ai maschi fino a quando di anni non ne ha compiuti tredici, quindi è passata a Vittorio Veneto prima di trasferirsi al Sassuolo dove ha giocato per due stagioni. Poi c’è stato il Covid e tutto è cambiato.
Quando hai iniziato a pensare di trasferirti negli Stati Uniti?
“Fin da piccola sognavo di giocare negli States e ho sempre avuto questa idea. College Life Italia mi aveva già contattato quando ero al Sassuolo, poi dopo il Covid mi hanno richiamato e mi sono detta perché no? Io ho anche una sorella gemella che gioca a tennis, a cui sono legatissima, e abbiamo affrontato insieme questa avventura arrivando come prima tappa a Miami nel 2021”.
Primo impatto e prime difficoltà?
“Era tutto grandissimo, strade, palazzi, supermercati! Miami è Miami, una città piena di gente, di turisti, di traffico,. Per noi abituate a vivere in un paesino veneto è stato difficile abituarsi. Anche al clima, devo dirti, a cui non eravamo proprio abituate. E c’era anche la difficoltà a muoversi in una città così grande quando non hai la macchina. Noi stavamo a 30 minuti dal campus ed era un po’ complicato. Poi a gennaio del 2022 sono passata al Jacksonville College in Texas, e la situazione è diventata molto più comoda: cittadina piccola e tutto vicino.”.
A livello calcistico, e universitario, invece quali sono le maggiori differenze che hai trovato con l’Italia?
“In America il calcio è molto più atletico e fisico, sono molto più preparate in questo senso, c’è meno tecnica però. A livello universitario invece la realtà è un po’ più facile, è tutto organizzato in virtù del fatto che è una situazione che ti permette di giocare e di studiare insieme, cosa che in Italia non è possibile perché devi sempre rinunciare a qualcosa”.
Qual è stata la reazione dei tuoi genitori al fatto che entrambe le loro figlie se ne siano andate negli States a studiare?
“Mio papà è sempre stato il tipo che ti dice vai, buttati, per mia mamma e i miei nonni è stato un po’ più dura accettare di perdere me e mia sorella insieme, però poi quando hanno visto la nostra determinazione e la volontà che avevamo di partire si sono rilassati anche loro”.
Qual era il tuo livello di inglese quando sei partita?
“Un po’ basso a dire il vero, per fortuna che c’era mia sorella che invece era già molto brava in inglese e mi ha dato una grossa mano: abbiamo fatto i primi sei mesi insieme a Miami e la sua presenza al mio fianco è stata importantissima, fondamentale”.
Tu hai anche cambiato università, città e lega calcistica…
“Sì sono passata da un community college, dalla lega cosiddetta NAIA della Florida National University alla NJCAA del Jacksonville College. Oggi sono nella lega più importante, la NCAA, in una Divisione 2, alla Shaw Università di Raileigh in North Carolina”.
Cosa è cambiato?
“Cambia che ti devi misurare con altre 35 ragazze circa per assicurarti un posto in squadra. Devi allenarti tanto ma non è detto poi che tu possa giocare la season. Loro sono molto aperti alla comunità internazionale e prendono giocatrici da tutto il mondo, tu devi essere molto bravo e lavorare tanto per ottenere il posto”.
Qual è il tuo ruolo in campo?
“Attaccante, punta centrale, però gioco anche da centrocampista all’occorrenza”.
Come ti vedi tra qualche anno, ancora negli States o in Italia?
“Io vorrei prendere un master in Sport Management qui negli USA, ora studio Business Administration and Management e dopo la laurea vorrei specializzarmi ulteriormente. Voglio fare la manager sportiva non so ancora dove e per chi, ma quello è il mio obiettivo, però vorrei anche continuare a giocare il più possibile a calcio”.
Se ti proponessero di diventare calciatrice professionista in USA accetteresti?
“Assolutamente sì! È quello che spero, in realtà, la mia priorità al momento è il calcio, quello giocato, poi farò la manager sportiva”.
C’è un modello a cui ti sei ispirata?
“Alessandro Del Piero, che è anche delle mie parti tra l’altro, anche se lui è di Conegliano”.
Com’è la tua giornata tipo?
“veglia alle 5.15, allenamento dalle 6.30 alle 8.15 poi si fa colazione e si va a lezione dalle 9.30 all’una, poi pranzo e faccio un riposino. Il pomeriggio studio, magari vado downtown in una caffetteria a fare i compiti poi torno per la cena e vado a letto presto”.
Come si vive a Raleigh, come si vive questa esperienza americana?
“Si sta da Dio, prima magari pensi che sia tutto lontano poi quando sei qui non vorresti mai andare via. Conosci ragazzi che vengono da tutte le nazioni del mondo e questo fa la differenza. ”
Tu adesso vivi lontana dalla tua gemella, riuscite comunque a vedervi spesso?
“Lei vive nel Tennessee e questa estate non ci siamo viste perché lei ha trovato un lavoro come istruttrice di tennis a New York. Mi manca un sacco la sua presenza fisica anche perché le nostre stagioni sportive hanno tempi diversi, ci sentiamo tanto però”,
Obiettivi (e sogni) per il prossimo futuro?
“Vincere per il secondo anno la Championship, quindi il secondo anello, e segnare più di 15 gol che sono quelli che ho fatto nella scorsa stagione”.
Cosa significa per te vincere?
“Vincere è la ricompensa di tutti i sacrifici che fai, il premio per questi due anni di cambiamento, è una sorta di rivincita anche sugli infortuni che hai avuto”.
Che consiglio daresti a chi è ancora indeciso se partire o meno?“Gli/le direi di provare a buttarsi, non costa niente tornare indietro se non ti trovi bene, anche io dopo i primi sei mesi volevo tornare a casa, poi mi sono detta ‘almeno finisci l’anno poi rientri’. Invece poi mi sono inserita totalmente in questa nuova vita e come dicevo prima adesso non vorrei più andare via. È indubbiamente un’esperienza che ti arricchisce enormemente. È comunque un anno in cui conosci tantissima gente diversa da te, tante culture e mondi diversi, persone con cui resterai legata per tutta la vita.”.
SHAW UNIVERSITY
118 E. South Street
Raleigh, NC 27601
Ottimismo e resilienza: sono le due parole cardine su cui poggia la Shaw University, originariamente college per gli studenti afroamericani, molti dei quali ex-schiavi. Tutto inizia nel 1865, anno in cui viene abolita la schiavitù, quando l’American Baptist Hope Mission Society fonda il Raleigh Theological Institute, diventato poi Shaw University. All’inizio erano soprattutto giovani afroamericani ad iscriversi alla Shaw University, oggi l’istituto conta 1.100 studenti provenienti da tutto il mondo che studiano da materie economiche a discipline tecnologiche e informatiche. Shaw University ha creato nel corso degli anni uno stretto legame e una solidissima collaborazione con la città di Raleigh offrendo anche programmi specifici per adulti che vogliano migliorare la loro professionalità e per detenuti ex tali. Raleigh, ad oggi, è la seconda città per importanza del North Carolina ed è nota come the city of oaks, la città delle querce. Ricca di storia e di cultura, Raleigh è anche un polo tecnologico di primissimo livello. Secondo le riviste Forbes, Money Magazine e MSNBC, la qualità della vita è ottima, anche pal punto di vista economico e aziendale. Shaw University è anche al centro di un progetto di rezoning, ovvero di rassegnazione di appezzamenti di terreno che – opportunamente riconvertiti – contribuiranno a dare nuova linfa all’istituzione.
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