Edoardo Bonifacio: l'esperienza del college tra studio e sport ad alti livelli - College Life Italia

Edoardo Bonifacio: l’esperienza del college tra studio e sport ad alti livelli

“Sono nato a Roma e ho sempre abitato al centro della mia città. Non mi piaceva studiare, non mi impegnavo mai su nulla, la vita per me era divertimento e spensieratezza fino a che un giorno, a 18 anni, mi sono chiesto ma è veramente questo ciò che voglio dalla mia vita?”

Parla così Edoardo Bonifacio, difensore oggi ventenne, con un passato nella Lazio e in varie squadre romane prima di approdare al North Central College di Naperville, a mezz’ora di macchina da Chicago. Siamo in Illinois e qui d’inverno il freddo si fa sentire. Ma la soddisfazione della sfida si fa sentire molto di più.

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Cosa ti ha portato a Naperville?
“La passione per il calcio, certo, il fatto che mi è sempre piaciuto giocare a pallone, ma soprattutto la voglia di mettermi in gioco, di trovarmi da solo dall’altre parte del mondo a fare i conti con me stesso, spesso con la solitudine e la malinconia per capire quello che realmente voglio fare nella vita”.

Come sei arrivato a questa esperienza?
“Navigando su internet ho visto il video di un ragazzo che parlava della sua esperienza di atleta-studente negli Stati Uniti e ho iniziato a cercare maggiori informazioni. Ho contattato College Life Italia e mi sono affidato a loro per tutta l’organizzazione del mio trasferimento. Io all’epoca giocavo in una squadra di Eccellenza a Roma e CLI mi ha prospettato a possibilità di venire negli USA e di poter scegliere tra vari college”.

E perché hai scelto il North Central College?
“Sia per i corsi di laurea che offriva sia per la squadra. Mi sono confrontato con il coach per quello che riguardava la parte sportiva e la location, diciamo così; con i miei genitori invece, per ciò che si riferiva allo studio. Alla fine ho trovato la proposta migliore e sono partito”.

Cosa studi a Naperville?
“Sto facendo un major in marketing e un corso di gestione manageriale nel calcio. La mia idea sarebbe quella di lavorare nel mondo del calcio a livello manageriale”.

Qual è la cosa più bella fino a questo momento di questa esperienza?
“Quanto e come sono cresciuto e quanto ancora continuerò a cambiare e a crescere. Quanto sia migliorato come persona. Io veramente prima non mi preoccupavo di nulla, stavo sempre in giro con gli amici, pensavo solo a divertirmi, adesso sono un ragazzo organizzato, riesco a conciliare lo studio, lo sport, il vivere lontano da casa. E questo era impensabile fino a due anni fa”.

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Ci sono stati dei momenti difficili in cui hai pensato ma chi me lo ha fatto fare?
“Sì certo, ogni volta che vado a Roma e che poi devo ritornare qui, penso che sia sempre difficile tornare ma mi basta salire sull’aereo e immediatamente capisco che invece ho fatto la scelta giusta. Ti dico che la prima volta che sono venuto a Naperville, dopo che avevo deciso di intraprendere questa strada, ero assolutamente tranquillo poi però man mano che si avvicinava il giorno della partenza mi cresceva l’ansia, all’epoca avevo anche una ragazza a Roma, quindi stava diventando tutto più difficile. Eppure mi è bastato salire sull’aereo ed è come se si fosse spalancata una porta su un mondo che non avevo mai visto prima e che non immaginavo potesse esistere. Da quel momento è cambiato tutto, sai quando hai 17/18 anni non riesci a capire che oltre al tuo orizzonte, quello dei tuoi amici, della tua famiglia e della tua città ci possa essere qualcos’altro, poi però quando te ne accorgi ti cambia la visione e la prospettiva”.

C’è qualcosa che ti manca dell’Italia?
“Mi manca la poesia di Roma, quegli angoli a cui sei abituato ma a cui non hai mai fatto caso perché erano parte della tua routine quotidiana, le strade che hai percorso tantissime volte senza averle mai viste, tutti quei particolari che dai per scontato e che invece quando te li ritrovi davanti dopo mesi e mesi capisci quanto ti siano mancati”.

Come hanno reagito i tuoi genitori quando gli hai detto che te ne saresti andato in America?
“All’inizio erano un po’ scettici, poi quando hanno visto la serietà dell’organizzazione e che le cose man mano si concretizzavano per come ce le avevano prospettate, soprattutto hanno visto la mia determinazione, allora si sono convinti anche loro e sono stati molto felici per me. Del resto io sono il più piccolo di tre figli ed ero l’ultimo rimasto a vivere a casa con loro, però mi hanno sempre supportato e sono molto contenti della scelta che ho fatto”.

Qual è la differenza più grande che hai trovato tra il calcio italiano e quello che giochi negli USA?
“Il modo in cui veniamo trattati ad esempio, quando io sono arrivato negli States il coach ha deciso che dovevo dormire in un dorm dove c’erano tutti i miei compagni di squadra, quelli con cui ti alleni, con cui studi anche se fai una facoltà diversa, con cui mangi, con cui esci, è come stare in un ritiro h 24 per 7 giorni e questo crea ovviamente un legame fortissimo. Quando stai in una squadra di Serie D in Italia o di Eccellenza trovi il ragazzo giovane che deve farsi ancora le ossa, il 20enne che magari studia, il 30enne che lavora e che ha già una famiglia e quindi è difficile fare gruppo perché le esigenze sono diverse. Qui si bada molto alla sostanza, al fare, e ci sono delle risorse che nessuna squadra di Serie D italiana ha, ma nemmeno se le sogna. Qui negli USA sibada molto più al fare”.

Com’è il tuo andamento calcistico qui negli USA?
“Nel 2022 quando sono arrivato, come freshman ho giocato sempre titolare, ho segnato 4 gol e fatto 4 assist e abbiamo vinto la Conference. Nel secondo anno (quello da sophomore) ho segnato di più, 7 gol, e fatto 3 assist, e di nuovo abbiamo vinto la Conference. Belle soddisfazioni”

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Tu sei al secondo anno di college, prospettive future: pensi di rimanere negli States o di tornare in Italia?
“Qui ci sono comunque delle grosse opportunità ma so anche che per uno studente internazionale è tutto più complicato, anche solo per il visto ad esempio. Però so che farò successo al 100% e che il mio successo sarà quello di essere felice”.

E’ un’esperienza che consiglieresti a chi ancora non se la sente di fare questo passo?
“Assolutamente sì, è un’esperienza che ti cambia la vita, in meglio. Ma la scelta deve essere funzionale a quelle che sono le tue esigenze e a quello che vuoi fare nella vita. Però uscire dalla propria comfort zone è un’esperienza straordinaria che ti rende sicuramente una persona migliore”.

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